Come smettere di stare sempre al telefono
Perché il bambino col tablet al ristorante sei tu.
Prologo
Nutro una cordiale antipatia per chi snobba i social. “Ah no io i social proprio no, preferisco la vita vera”. Beh, che dire, congratulazioni per esserti perso l’ultima grande rivoluzione tecnologica e culturale nella vita umana sul pianeta.
“Ma la vita vera!” , gemono falangi oplitiche di Amélie mentre infilano antigienicamente le mani in sacchi di fagioli. Sai dove viveva Amélie? In un appartamento di Parigi che sta a dodicimila Euro a metro quadro, in una zona piena di deliziosi Cafè e apparentemente priva di parrucchieri.
Poter asserire che la “vita vera” sia l’unica cosa realmente meritevole di attenzione mentre tutto il digitale sia bolo di gabbiano significa ammettere che la propria vita vera si svolge in un luogo pregno di occasioni favorevoli ai tuoi talenti e professionisti del settore che possono supportare la tua carriera. Grazie tante che non ti servono i social, se vivi a un’ora di macchina da tutte le aziende e le istituzioni che si occupano esattamente del settore che interessa a te.
Per molte persone la vita vera non è fatta da skyline di palazzi del potere e antenne delle sedi TV, ma da rettilinei interrotti solo da rotonde e LIDL.
Non da strade intasate di traffico da percorrere sbuffando per andare ad una cena importante dall’altra parte della città, ma da stazioni di provincia da cui partono tre corriere al giorno.
Non da licei le cui autogestioni finiscono al TG, ma da bulli di paese che scoppiano i miniciccioli in piazzetta.
Tutte queste persone sono state le prime a trasferirsi nel Far West di Internet. E l’arrivo degli smartphone è stato come la ferrovia in un mondo in cui la gente se la faceva a piedi fino alla California con una Bibbia in una mano e un fucile nell’altra.
C’è una bella scena di questo film, BlackBerry, in cui si percepisce la portata di ciò che è successo quando si è passati dal telefono al BlackBerry e dal BlackBerry all’iPhone. Vi ho messo il trailer.
Qui è avvenuta la scelta: per qualcuno è significato portarsi dietro i video delle partite e avere sempre un nuovo video zozzo a portata di mano. O controllare se la tipa che ti bullizzava alle medie è stata lasciata dal marito.
Per altri è stata la chiave della libertà.
Che vivessi a Roma o a Marina di Mordor, finalmente avevi un parco con una cassettina della frutta su cui alzarti in piedi e mostrare la tua arte.
Finalmente non serviva più un’attrezzatura da professionista per girare una videoricetta. Potevi trovare persone con i tuoi stessi interessi che vivevano oltre i confini del “ma cosa ti metti a fare” che ti circondavano.
Non dovevi più trasferirti per provare a vedere se ciò che sapevi fare interessava a qualcuno.
Naturalmente non tutti sono arrivati perché avevano il sacro fuoco della creazione. Una valanga di persone ha comprato il suo primo smartphone perché voleva iniziare a scriversi su whatsapp e si era stufata degli SMS. È un valido argomento.
E lo smartphone migliorava di continuo: finalmente potevi avere sempre le indicazioni stradali aggiornate senza stamparle.
Potevi non possedere più una stampante, uno strumento tecnologico addomesticabile quanto una zebra.
Non eri più obbligato a fare diciotto ore di fila per pagare un bollettino.
Potevi uscire dall’ufficio all’ora giusta e prendere il tuo bel treno perché tanto avresti risposto da lì, e non dovevi più aspettare quello dell’ora successiva perché, che ne so, qualcuno pagato il triplo di te aveva preso l’abitudine di chiamarti alle 18.01 per chiederti i dettagli di un documento che non potevi avere sul computer personale.
E vogliamo parlare dell’intrattenimento?
Potevi avere in un unico telefono tutta la musica, i libri, le serie TV che fino a quel momento recuperavi dal tuo amico assiduo frequentatore della baia dei pirati acquistavi regolarmente.
Potevi fare il famoso networking con la possibilità di bloccare chi iniziava a metterti a disagio.
Potevi crearti un nuovo lavoro!
E poi un giorno succede questo:
Il Problema
Ok. Io col telefono ci lavoro. Venti ore alla settimana sui social ha senso, è praticamente l’orario di un part-time. Mica cazzeggio e basta. Poi oramai si sa che uno dei linguaggi dell’affetto è mandare i reel alle persone a cui vuoi bene. E ho viaggiato tanto, santo cielo ma una potrà pure distrarsi dopo che passa la vita sui treni e a intrattenere il prossimo. E poi visto, ho anche letto un sacco. Cosa ho letto? Oddio.
Certo, quarantanove ore alla settimana.
Bello che la tecnologia sia diventata facile. Ma non sarà diventata troppo facile?
Perché prendiamo il telefono per guardare l’ora e va a finire che passano sedici minuti di buio? Sedici minuti per guardare l’ora ci volevano quando dovevi uscire di casa e andare a vederla dal campanile dell’unica chiesa, non nel 2025.
Non sono l’unica che si è fatta questa domanda. Su TikTok trovo il trend degli screenager. I ragazzi si sono accorti di passare troppo tempo davanti agli schermi e condividono consigli per limitare il proprio tempo.
Lo smartphone ti fa passare del tempo su dei contenuti che hai cercato per smettere di stare sempre di fronte allo smartphone. A sua difesa, lui la soluzione per usarlo di meno te la dice. Sei tu che poi vai di corsa a controllare i messaggi di Instagram.
I consigli che si scambiano suonano un po’ come liste da lockdown: leggi un libro, fai una passeggiata, scrivi sul diario. Il loro modo di ragionare riflette il mondo in cui sono cresciuti: non hanno mai vissuto un’era in cui non ci fosse uno schermo piccolo per fare le cose. Tutte le cose. Alcuni di loro hanno tutta, letteralmente tutta la loro vita raccontata sui social. Loro non sanno come sia una vita diversa.
Ma noi sì.
Eravamo venuti in vacanza su internet ma è finita che ci abbiamo preso la residenza.
“Davvero credi che qualcuno potrà risolvere questa situazione?” - Può Darcy-
La mia soluzione
Mentre su YouTube c’è un tripudio di hipster che ti propongono di comprare un dumbphone, secondo me la soluzione al consumismo raramente è “altro consumismo”.
E inoltre non intendo per nessuna ragione rinunciare al privilegio di poter inquadrare un QR code e pagare quello che devo pagare, non intendo smettere di promuovere i miei show su Instagram quando ho costruito una community di persone carine e affezionate e non ho nessuna intenzione di smettere di ascoltare i podcast che mi interessano.
E ho assolutamente bisogno di continuare a selezionare meme di altissima qualità per me e i miei cari.
Quindi, ecco la soluzione:
Una cosa per uno scopo
Le cose.
Da Ottobre porto con me una minuscola sveglia in tour. Averla in camerino mi ha permesso di tenere sotto controllo il tempo e - magia- basta. Niente notifiche. Niente tentazione di controllare la mail (ho scoperto che le mail e i messaggi di lavoro sono l’ultima cosa di cui ho voglia prima di uno show. C’era un motivo se negli spettacoli di improvvisazione passavamo un’ora a fare esercizi di riscaldamento e a parlare fra noi attori e basta).
Quindi ho replicato questo meccanismo: ho preso un orologio da polso, ho ricominciato a girare non solo con l’agenda e il “quaderno orgnanizzativo”, ma anche con il taccuino delle idee a caso.
Scrivo, faccio le moodboard incollandoci cose sopra (Pinterest rimane una delle mie cose preferite di internet), ci scrivo su le idee per la stand up. Continuo a usare anche le note del telefono, ma lo smartphone per me oramai è uno strumento di lavoro e quindi gli dedico degli orari da lavoro.
La stampante che ho addomesticato accanto ad un lettore di musica vera, scelta da me, comprata da me, che nessun sistema di streaming potrà decidere di rimuovere dal mio catalogo perché gli gira così.
Ho ricominciato a stampare i miei pezzi per lavorarci su.
E ad ascoltare musica “mia”.
Quanto tempo era che non mi creavo una libreria musicale? Davvero ho sempre bisogno di avere a disposizione l’intero catalogo mondiale?
Costruire la mia libreria mi è sempre piaciuto, aver smesso di farlo mi aveva dato più musica ma tolto un hobby. Ho tolto l’abbonamento a YouTube Music, lo userò per esplorare ma poi comprerò la musica che voglio. Ho trentanove anni, nessuno mi chiama per mettere musica alle feste, posso curare la mia collezione.
Ho cominciato a stampare l’anno scorso mentre scrivevo il libro, e sono una Millennial basica: per alcune cose mi serve la carta, per altre mi serve lo schermo grande, per altre lo schermo piccolo. Ho eliminato dallo smartphone tutte le app che secondo me sono legate allo “schermo grande” (es. le app per lo shopping, o anche Pinterest) in modo da non avere la tentazione di passarci più tempo del previsto (e guardare davvero bene cosa sto comprando).
Foto di oggi con mezzi di vent’anni fa
Ho recuperato anche la mia vecchia Canon del 2006. E ho capito perché i ventenni ci invidiano l’estetica retrò: perché crei uno spazio fra il momento in cui fermi il momento e quello in cui, eventualmente, lo pubblichi. Quella distanza probabilmente serve a creare il ricordo.
Conclusione
Continuo a usare lo smartphone? Ovvio. Come credete che abbia inviato al mio computer tutte le immagini che ho messo in questa newsletter e pubblicato le storie con cui vi invito a leggerla? Questa minuscola scatolina mi ha dato una libertà e una rapidità d’esecuzione che non avrei mai avuto.
Spacchettare gli strumenti dello smartphone però mi permette di usarlo per le attività per il quale davvero è imbattibile. Essendo io una che stampa una foto a settimana la qualità delle foto è fondamentale, e io non sono abbastanza brava per creare foto belle con uno strumento che richieda delle abilità. L’iPhone sta alle mie foto come il Dyson sta ai miei capelli: uno strumento che mi permette di ottenere risultati che altrimenti per me sarebbero impossibili.
Ma la sensazione di “creare un ricordo” o “controllare l’ora” o “segnarmi una cosa” o “ascoltare musica mentre leggo un libro” senza virare subito per i lidi social mi permette di tornare subito a ciò che stavo facendo.
Sono i nerd della mia generazione ad averlo reso così performante, ed essere stata una seminerd della mia generazione mi ha permesso di scavare nella memoria e costruirmi un antidoto.
The final count
Fatemi sapere la vostra!
Questo pezzo mi cade proprio a fagiolo. Quattro giorni fa ho disinstallato dal cellulare le app di Instagram e Facebook, ma nonostante questo ho notato che continuo a prendere il cell in mano anche per sciocchezze oppure per leggere notifiche, stare ore su app di shopping, ecc… E forse a questo punto, mi sto rendendo conto che il problema non sono i social.
Poche volte mi era capitato di leggere un post che mettesse così bene in parole cose che ho sempre pensato. Grazie <3